Storie dal mondo.

Eclipse: un’oscurità avida – Capitolo 2

Questo è il momento di raccontare un’altra storia, sotto forma di incubo: la storia di Eclipse, un’oscurità avida, che difficilmente avrebbe desistito. La storia di un bambino cresciuto, nel tempo, e diventato artista. Questa è la storia di Gianluca Cuccu.

Storia.

Era un bambino con un sogno come tanti: fare il veterinario.

Chi lo avrebbe mai detto, che l’arte sarebbe stata ciò che lo avrebbe reso se stesso?

Io, no di sicuro.

Era un bambino come tanti, poi cominciò a suonare la chitarra, ad ammirare Man Ray, Salvador Dalì, Marcel Duchamp, e cominciò ad andare in vacanza senza dimenticare più quell’oggetto che gli permetteva di imprimere le particolarità del mondo, all’interno dei suoi occhi.

Mi chiedevo cosa avrebbe fatto, dove sarebbe andato e che persone avrebbe voluto incontrare. Mi chiedevo se avesse continuato ad aver paura di me, a rinnegarmi, a far finta che non fossi altro che polvere nera, che si sarebbe dissolta tra gli spazi illuminati dal sole.

Poi ha “conosciuto” Marina Abramović e l’ha amata da subito, lo sentivo. Per lui esprimeva l’arte più cruda e vera che potesse esistere, e fu come se gli si fosse aperta una porta nuova, su cui potersi affacciare.

Nonostante da lei prese molto, a lui non è mai importato fino in fondo da che parte dell’arte si esponesse. A lui bastava esprimere ciò che in quel momento aveva da esprimere.

Questo però voleva dire mettere in discussione la mia presenza. Lui voleva emergere come persona, tra le persone; io volevo sommergerlo.

Cosa ci posso fare? Non è nella mia indole essere pacata e positiva.

Dicevamo: conobbe Marina, si mise in discussione e cercò di usare l’arte, come forma di creatività, per distruggermi. Non sapeva che sarebbe bastato tendermi la mano.

Passò, in seguito, un periodo critico, dove pensavo avrebbe dato la sua resa: era troppo debole, troppo ferito, ed io ero lì pronta. Non fu così: usufruì del suo malessere per produrre altra arte, che gli avrebbe donato quella forza che mi spaventava tanto.

Questa sua Rinascita gli permise di conoscere, anche, una donna dai capelli rossi, che lo aiutò nell’impresa, ardua e non possibile, di riprodurmi. Riprodurre me, l’Oscurità, capite?

Feci l’errore di sottovalutarlo, di farmi beffe di lui, e mentre ero impegnata a ridere alle sue spalle, non riuscii a vedere quanto grande fosse diventato.

Per questo decisi che essergli amica, non sarebbe stato poi così male.

Come sconfiggere qualcosa che ti ha già sconfitto?

Siamo arrivati ai patti: lui si sarebbe ripreso se stesso, sarebbe emerso, ed io gli sarei apparsa soltanto, e raramente, in sogno. Ed io avevo paura di ciò che ero diventata: così piccola e senza potere. Sì, ero giunta a compromessi, per sopravvivere, ma erano ciò che, in realtà, mi avrebbero uccisa più velocemente di qualsiasi altra cosa.

Quel ragazzino era così forte, che se solo fossi riuscita a divorarmi, facendo mia, quella sua stupida arte, lui si sarebbe dovuto nuovamente piegare a me, sarei tornata a sentire l’odore di paura, misto a sudore, che mi piaceva tanto.

Era difficile, ma non impossibile.

Bastava un passo, un passo soltanto e poi…

Si svegliò, agitato. Con una mano toccò la sua compagna e si guardò intorno.

La luna era piena e nuove idee si ergevano, silenziose. L’incubo gli aveva risvegliato i sensi.

Si alzò e mise su carta una sensazione ben poco sconosciuta.

Con mani tremanti, su una scrivania usurata dal tempo, scrisse una parola, che gli avrebbe dato non poco filo da torcere: Eclipse.

Storia di fantasia narrata su dettagli reali della vita di Gianluca Cuccu.

Foto by Gianluca Cuccu e Isabella D’Alessandro.
Eclipse.